mardi 18 janvier 2011

Rinascimento di un popolo: il caso dei Muiscas in Colombia


In Colombia una popolazione indigena che si riteneva estinta, annichilata dalla storia, è riemersa. Si tratta dei Muiscas della regione di Bogotà, che hanno ottenuto dallo Stato il riconoscimento della loro identità indigena. Questo processo va sotto il nome di re-etnizzazione, concetto non esente da equivoci. Ne parliamo con François Correa, docente d'antropologia all'Universidad Nacional di Bogotà e direttore dell'equipe che si è occupata di questo processo.

In che consiste il processo di re-etnizzazione?

Anzitutto, bisogna sgombrare il campo da alcuni equivoci legati a questo termine. Il concetto di re-etnizzazione evoca la rivendicazione da parte di popolazioni indigene di caratteristiche precolombiane ed è il criterio utilizzato dallo Stato colombiano per accordare diritti alle minorita'. Abbiamo qui la prima confusione. Sono trascorsi più di 500 anni dalla conquista. Gli indios di oggi non sono più quelli di ieri: hanno subito una serie di trasformazioni, frutto di un processo d'incorporazione ma anche di resistenze nelle relazioni con l'altro. Molte popolazioni hanno trasformato le loro caratteristiche socioculturali, perdendo tratti della loro economia e della loro organizzazione politica precolombiana. Società indigene isolate non possono essere concepite. Non ci sono società indigene che pretendano tornare al loro passato precolombiano e che ignorino l'influenza delle trasformazioni storiche. Parlare di re-etnizzazione quindi è piuttosto il risultato di un'incomprensione storica che non prende in considerazione né le trasformazioni della storia, né la coscienza che questi popoli ne hanno. Oggi ci sono comunità che rivendicano non solamente il loro passato indigeno, bensì le tradizioni attuali che apparentemente li vincolano con tradizioni storiche che considerano indigene. È per loro che si applica il concetto di re-etnizzazione.

Qual è la posizione dello Stato colombiano di fronte a queste rivendicazioni?

Di assoluta negazione! Ovviamente! Lo Stato colombiano si trova di fronte a due difficoltà: riconoscere diritti specifici accordati ad altre popolazioni indigene colombiane e, cosa ancora più importante, ammettere che la sua concettualizzazione dell'elemento indigeno è sbagliata. È finalmente un'incapacità dello Stato nel riconoscere differenze non solamente socioculturali nel paese, bensì nell'esercizio dei diritti. In parole povere: mentre il diritto al territorio di popolazioni indigene si ha, regolarmente, in zone marginali dove le attività tradizionali sono legate alla terra, in città invece le loro attività non sono diverse da quelle di qualunque altro cittadino. Questo pone una difficoltà nella concezione non solamente dei diritti delle minorità ma anche dei cittadini. E questo, effettivamente, ancora non è stato risolto.

Ci puoi parlare di un caso concreto?

Posso citare un caso: i Muiscas. Questi si trovano a Bogotà e nei paesi vicini ed hanno finito per costituire un precedente giuridico, politico e sociale molto importante. In principio, le collettività che si rivendicano Muiscas non erano riconosciute come indigene. Relativamente alla distribuzione di terre e all'organizzazione politica, la disputa delle popolazioni indigene con lo Stato comportava un'enorme difficoltà nel riconoscimento dei loro diritti riconosciuti dalla costituzione colombiana, come il diritto ad autorità di governo proprie con una giurisdizione propria e, di conseguenza, il riconoscimento di territori propri. Tutto cio' è stato un elemento assolutamente innovativo in America Latina, ma si trasforma in una difficoltà non appena appaiono nuove popolazioni che si rivendicano come indigene ed in misura ancora maggiore quando avviene in territori urbani, come nel caso dei Muiscas.

Qual è stato il lavoro svolto dalla tua equipe?

Si e' cercato di mostrare gli elementi che vincolano molti dei loro tratti attuali con una tradizione precolombiana e le trasformazioni occorse. A partire da ciò, ho fatto due cose: una ricerca sui Muiscas del XVI-XVII secolo e su quelli di oggi. Nell'analisi sul XVI secolo, ho trovato un riferimento fondamentale al simbolo delle lagune che rappresentano la soglia tra il mondo dei vivi e degli antenati. Cio' avviene anche oggi, ma in questo momento non sono io a fare la scoperta, al contrario sono loro che mi raccontano che le lagune operano come soglie. Per loro è una cosa ovvia. L'unica cosa che io faccio è scoprire una serie di elementi che vincolano questa gente al passato.

Quali sono le difficoltà che hai trovato?

L'apprensione della comunità scientifica, a parte quella del ministero, rispetto al fatto che queste popolazioni fossero realmente indigene. In generale il mondo accademico delle scienze sociali considerava, con argomenti validi che questa gente non era e non poteva essere Muisca. I linguisti sostenevano che non esistono vincoli linguistici tra la gente di oggi e quella precolombiana. Ma c'era anche un'enorme difficoltà nella gente stessa. A mio parere, molti diffidavano delle loro stesse tradizioni culturali e cercavano alternative. I Muiscas di Chia, in particolare, avevano importato tradizioni culturali da altre popolazioni indigene della Colombia, realizzando così rituali amazzonici distinti dalle tradizioni andine: stavano cercando di rivendicare quel vincolo che li rendeva indigeni. Non sapevano che nelle loro tradizioni attuali e quotidiane si trovavano i loro elementi. Inoltre, il riconoscimento era un'esigenza dello Stato e bisognava giustamente attenersi alle domande che formulava. Lo Stato ha una serie di elementi in base ai quali identifica un gruppo come indigeno: esige dagli indigeni una serie di tradizioni precolombiane ed un territorio. Sono criteri assolutamente paradossali perché la storia dei popoli indigeni è una storia di depredazione e annichilimento. Tuttavia questi sono i criteri ai quali bisognava attenersi.

Da chi era composta l'equipe e com'era la relazione con la comunità?

L'equipe era composta da 4 antropologhe, 3 avvocati, uno storiografo ed una comunicatrice sociale. Confesso che all'inizio del lavoro ho posto crudamente la stessa domanda che mi aveva fatto il ministero: “Queste persone per voi sono indigene?”. Perfino tra le 4 antropologhe, 3 consideravano che non si poteva dimostrare che questa gente fosse indigena. Allora dissi: “Molto bene! Questo è il vostro punto di vista, ma qui facciamo un lavoro in cui i dati, le informazioni, le conversazioni, la partecipazione producono un risultato. Non atteniamoci solamente alle nostre idee, bensì vediamo qual è questo risultato!”. Progressivamente le persone dell'equipe, entrando nelle comunità, hanno cominciato a trasformare non solamente il loro vissuto, ma anche i dati che venivano raccolti ed organizzati. Siamo stati inclusi nella comunità perché si son fidati del lavoro che poteva uscire. Non si è tentato solo di raccogliere informazioni scientifiche, ma si e' conversato con la gente e partecipato ai “pagamentos” (rituali di offerta alla terra). Alla fine del lavoro i membri dell'equipe hanno finito per convincersi. È stato impressionante! È stato un lavoro molto rigoroso ed esigente, perché inoltre il ministero ci chiedeva dei risultati in 3 mesi, con molto poco denaro ed in condizioni di enorme pressione.

Come si coordinano ed articolano le distinte comunità che si rivendicano Muiscas?

Abbiamo avuto la fortuna che in quel momento c'era un progressivo accordo tra le distinte comunità dell'altopiano. È vero che la dinamica fondamentale poggiava su alcune di queste, tuttavia il tema si è generalizzato ed il referente socioculturale, cioè il riconoscimento come Muiscas, si è trasformato in un referente politico di discussione con lo Stato. Questo mi sembra molto interessante, più ancora che l'identità culturale o indigena, cioè che un altro tipo di organizzazioni comunitarie, diverse da quelle che avevano fallito in Colombia, trovano adesso un punto di riferimento nella discussione con lo Stato. Di conseguenza, queste comunità hanno cominciato a rivendicare una serie di diritti: sociali, economici, politici. In definitiva avanzavano la rivendicazione sociopolitica come popolo. Era questo che realmente chiedevano.

Quali sono gli elementi che permettono di identificare questi gruppi come Muiscas?

Il criterio che per me è il più importante e che ha più risalto nella relazione, oltre al riconoscimento dell'etnicità come fatto storico, è il criterio soggettivo: non solo questa gente rivendica se stessa come Muisca, bensì manifesta la decisiva persistenza di quell'indianità all'interno della società nazionale. E infine, altro elemento fondamentale, è che hanno deciso di continuare come indigeni, cioè di proiettarsi al futuro. Vi sono ingegneri, architetti, ma condividono tutti una serie di relazioni comunitarie che si sono ricreate durante il processo, generate dalla "ostinata" decisione di continuare ad essere indigeni. Si mantiene perciò una proprietà comunitaria, si realizzano regolarmente lavori collettivi, si compiono rituali. Questi elementi di solidarietà sono stati le trasformazioni più poderose e sono stati generati da un'organizzazione politica propria, distinta dalle forme tradizionali di organizzazione politica nello Stato colombiano. L'esercizio dell'autorità politica assume un carattere completamente distinto: le autorità non hanno salario, lavorano per la comunità per organizzare questo senso comunitario. Ci sono inoltre altri elementi come forme d'appropriazione della terra, di comunicazione all'interno delle case, un'appropriazione del territorio marcata da eventi simbolici religiosi. Questi elementi persistono nella comunità ed hanno tratti evidentemente precolombiani.

Che impatto ha questo processo sugli altri gruppi indigeni?

La popolazione indigena in Colombia non è omogenea e neanche la sua partecipazione alla società nazionale. Perfino all'interno di certi gruppi etnici si trovano differenze e tensioni. Il riconoscimento dei Muiscas come indigeni pone una questione spinosa per gli altri gruppi. Nella Sierra Nevada di Santa Marta vi sono 4 gruppi indigeni, tra cui il popolo indigeno più riconosciuto in Colombia, i Kogui, identificati da un abbigliamento tradizionale, ed i Kankuamo, che al contrario non lo utilizzano e non parlano la propria lingua nativa. I Kankuamo erano percio' considerati integrati alla società nazionale. Per loro è iniziato da circa 15 anni un processo di riconoscimento come popolazione indigena. Questo relativizza per i Kogui il significato di indigeno. In qualche modo i Kogui condividono una lettura simile a quella di alcuni occidentali su chi è più indigeno e chi meno, che dipende dal grado di differenziazione dalla società nazionale. C'è qui un'idea di primitivismo che influenza la percezione dell'altro. Gli elementi generati in qualche modo dall'antropologia per distinguere i gruppi etnici hanno permeato lo Stato, ma anche la popolazione indigena. Questa situazione produce interrogativi ma anche tensione rispetto alla loro partecipazione alla società nazionale. Ad un certo punto, si è anche insinuato che alla base del processo di re-etnizzazione ci fosse un certo opportunismo. Alcuni settori indigeni consideravano che queste genti volevano sfruttare i risultati della prolungata lotta del movimento indigeno. La tensione è stata così prolungata e forse non del tutto risolta. Tuttavia, le organizzazioni indigene più importanti del paese hanno accompagnato il processo ed hanno accolto effettivamente i Muiscas.

Quali sono i risultati di questo processo?

Alcuni sono visibili ed altri stanno per vedersi. Penso che questo processo cambierà la nostra percezione sui popoli indigeni in Colombia. Il riconoscimento dei Muiscas introduce il principio che i popoli indigeni non sono società statiche, bensì società in movimento, e questo apre un divario enorme sulla comprensione dell'elemento indigeno. In secondo luogo, ciò può produrre trasformazioni poderose nel riconoscimento dei diritti etnici nel Mondo. L'Unesco si è espressa per il riconoscimento di una serie di diritti parziali, come il diritto al territorio, ad un'organizzazione politica e ad un'educazione propria. Progressivamente si può produrre una trasformazione nel riconoscimento della differenza e della diversità, perché non ci sia non solamente la possibilità di esercitare caratteristiche proprie, bensì di pensare il proprio futuro in maniera differente. Non bisogna solamente pensare ad un'opposizione tra oriente ed occidente, bensì al riconoscimento di distinte alternative nel mondo. Questa è la mia speranza.

Cosa implica la discriminazione positiva che questo processo presuppone?

In generale, non si tratta solamente di una lotta per il riconoscimento di diritti ed identità particolari, bensì di una lotta per la partecipazione all'interno della società nazionale e costituisce un progetto politico. Altri strumenti politici sono stati assolutamente inefficaci per ottenere la partecipazione sociale di segmenti di popolazione dentro un progetto nazionale. Questo è stato un enorme successo per questi popoli ed è stato molto più sentito proprio perché fa riferimento a quegli elementi che li pongono in relazione col resto del paese. Questo, a mio parere, è l'elemento più importante che può risaltare. Ci sono state molte altre forme organiche proposte alla popolazione indigena dai partiti tradizionali, ma questo ha un accento realmente distinto.

Non si rischia di creare una frattura nella società colombiana riconoscendo diritti particolari?

È possibile! Ma i Muiscas, in primo luogo, sono aperti. Essi considerano che anche i loro vicini contadini dell'altopiano sono Muiscas; hanno in effetti le stesse caratteristiche. Sono aperti al riconoscimento di genti distinte in questo progetto sociale, culturale e politico. D'altra parte le stesse organizzazioni indigene tessono alleanze con settori distinti e sono aperte ad un progetto politico più ampio, che vincoli ovviamente settori popolari. Paradossalmente il progetto, che poggia su rivendicazioni specifiche, ha una portata nazionale. Non bisogna vederlo solamente in termini di caratteristiche indigene, bensì di progetto sociopolitico. È la possibilità di rivendicare la propria storia che è anche la storia dei contadini vicini. È il riconoscimento e non la dispersione generale all'interno di una società amorfa, ambigua, centrata sull'individuo. Il rischio esiste, ma è anche un'opportunità, senza dubbio.

Questo progetto colombiano può creare un esempio di integrazione?

Uno degli elementi fondamentali che si è sviluppato nei popoli indigeni, in America Latina, è il concetto di diversità, di multiculturalismo e di interculturalismo. Vi sono elementi che permettono di parlare di un'indianità condivisa, ferme restando le particolarità di ogni popolo. L'articolazione tra elementi interculturali permette la comunicazione tra i popoli per il fatto di condividere rivendicazioni comuni, ma anche per la coscienza di sapersi differenti, di sapere che nella propria cultura sono distinti, che le loro lingue sono distinte, che hanno un territorio specifico, che hanno una cultura specifica, condividendo però condizioni comuni, cioè situazioni di oppressione e di dominazione. Questo gli dà una dimensione molto più ampia della possibilità dello sciovinismo, cioè della mera rivendicazione delle particolarità specifiche di ognuno dei popoli. È un progetto politico transnazionale che permette loro di sottrarsi al rischio dell'isolamento. Dici di più: questa internazionalizzazione è ciò che permette loro una forza locale.

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